“Quello del genitore è il mestiere più difficile del mondo”. Tante volte ci siamo sentiti ripetere questa frase dalle persone a noi più vicine, che hanno sperimentato sulla propria pelle che genitori non si nasce, ma si diventa. Sì. Ma a quale età?

Come per tutte le domande importanti, non c’è una risposta esatta. Secondo la scienza l’età giusta per avere un bambino è prima dei 35 anni per la donna e prima dei 45 anni per l’uomo. Secondo la psicologia, invece, il momento giusto è quello in cui entrambi i genitori sono pronti ad accogliere il figlio.

Sicuramente una gravidanza in età precoce viene vissuta dalla madre in maniera energica e  con maggiore leggerezza, senza il peso di inutili timori, sia in relazione all’esperienza del parto che alla crescita del bambino. Un bambino che però non sarà il solo a crescere, ma dovrà farlo insieme alla madre, che improvvisamente verrà privata di quegli spazi ancora così essenziali e importanti nella vita di una giovane teenager o poco più.

Il discorso cambia con lo spegnimento della trentesima candelina, quando la donna ha ancora le energie necessarie per affrontare notti in bianco e giornate di giochi, ma ha anche raggiunto una maturità tale da poter vivere l’esperienza della maternità in maniera attiva e responsabile. Una responsabilità che, combinata con una maggiore consapevolezza, però, aumenta il rischio di ansie e timori in grado di sfociare in una vera e propria cura ossessiva del bambino.

Stando a quanto detto fino a questo momento, dunque, di pari passi con l’età della madre aumentano anche le sue ansie. Ma questo è vero soltanto in parte. Infatti, la totale presa di coscienza della madre con conseguenti paure, è soltanto una piccola parte di un processo di maturazione importante della donna, che ha come tappa ultima l’essenziale e ambita saggezza. Infatti, com’è vero che una madre over 40 ha meno energie fisiche da spendere per il figlio, lo è altrettanto affermare che una madre più in la con l’età raggiunge un grado di saggezza, determinante per l’equilibrio e l’esposizione del bambino nella società.

Il discorso cambia ancora al raggiungimento dei quaranta, quando la donna, presumibilmente realizzata, vede la nascita del proprio primo genito come il coronamento di un sogno, dal quale però ha paura di svegliarsi, avvertendo costantemente il bisogno di rassicurazioni da parte dei professionisti.

In queste circostanze diviene ancora più importante la figura paterna, già di per sè essenziale, ma che in casi come questo diventa determinante nella soddisfazione dei bisogni primari del bambino.

Di fronte ad affermazioni di questo tipo, tuttavia, insorgerebbe la scienza, la quale sostiene che di fronte a un’età avanzata della madre, i rischi per il bambino di sviluppare patologie come schizofrenia e autismo aumentano sensibilmente. Ma ancora una volta ci troviamo di fronte a un dato attendibile soltanto in parte: infatti, ciò che molti ignorano è innanzitutto che in questi casi il fattore età è soltanto uno dei molteplici fattori genetici a influire. Inoltre lo fa viaggiando in direzioni opposte. Nel caso dell’autismo, infatti, determinante sembra essere l’età del padre, che non dovrebbe superare i 45 anni, mentre nel caso della schizofrenia, contrariamente a quanto si crede, il rischio aumenta di fronte a un’eccessiva giovane età della madre.

In conclusione, dunque, è difficile parlare di un’età ideale per diventare genitori, perchè se è vero che sarebbe comunque bene rimanere entro certi limiti, lo è altrettanto che il percorso di ognuno di noi è unico e irripetibile e scelte importanti come quella di un figlio rientrano in una sfera soggettiva difficile da limitare entro rigide linee guida imposte da manuali.

L’ unico aspetto che risulta essere realmente determinante è il desiderio consapevole della genitorialità, perchè il bambino deve innanzitutto nascere nel pensiero dei genitori, pronti ad amarlo e allevarlo al massimo delle proprie possibilità.

Per riascoltare la mia intervista per LondonOneRadio in cui parlo proprio di queste tematiche, cliccare sul link di seguito.