Sotto sotto è il sogno di tutti quello di poter avere il potere di dirigere e non più di essere diretto. Ma sono proprio tutti portati per questo tipo di ruolo? No. Per quanto la vita di un capo possa sembrare agli occhi dei propri dipendenti idilliaca, la verità è che essere un buon manager è veramente complicato e non tutti riescono in questo intento. Le responsabilità sono tante, gli obiettivi da raggiungere per far funzionare il business anche, soprattutto in un’epoca in cui tutto cambia velocemente e bisogna rimanere al passo, e a questo si aggiunge la complessa e delicata relazione con i propri dipendenti.

Avere un team che funziona significa aver un business che produce e questa è un’equazione dalla quale è veramente impossibile prescindere. Far funzionare il proprio team è la parte che molto spesso i capi dimenticano o lasciano in coda alle priorità, quando invece nella lista delle preoccupazioni di un buon manager dovrebbe essere in cima. Il motivo per il quale molto spesso si tende a dimenticare di curare questa delicata ma importante dinamica all’interno della propria azienda è il potere. Avere il potere molte volte illude del fatto che questo basti a farsi rispettare dai propri dipendenti e riesca a indurre loro, spaventati, a produrre tutto ciò di cui si ha bisogno.

Mai convinzione fu più errata.

Un dipendente che produce perché spaventato, infatti, è un lavoratore che non si sente integrato nella propria azienda e stringe i denti sul proprio posto di lavoro soltanto per garantirsi lo stipendio a fine mese, ma che appena troverà l’opportunità di fuga la coglierà immediatamente. Tutto questo inevitabilmente genera all’interno dell’azienda un sentimento di precarietà, che alla lunga influirà anche sui profitti, tanto più quando si tratta di una piccola azienda.

Un manager positivo, invece, è quello che ottiene il rispetto dei propri dipendenti per mezzo della stima e non del terrore. Questo atteggiamento indurrà automaticamente i dipendenti a sentirsi apprezzati, importanti e parte del business e senza neppure che il capo faccia loro richieste specifiche, saranno loro stessi a dare il loro meglio per garantire la migliore riuscita nell’ambito in cui operano. Se un manager è capace di ispirare il proprio dipendente, allora ha fatto centro. Com’è ben spiegato nel libro “Partire dal perché” di Simon Sinek, per il team, il manager dovrebbe essere prima di ogni altra cosa un esempio, una guida, una fonte di ispirazione, appunto. Molti dipendenti, infatti, sono lì con l’intento di imparare e formarsi per ambire un giorno anch’essi a una posizione manageriale. Un buon leader non dovrebbe essere spaventato da questo, ma al contrario, esattamente come i suoi dipendenti giocano nella sua squadra che mira a far crescere il business, anche lui dovrebbe giocare nella loro squadra che mira a vederli realizzati. Ecco perché un buon capo non dovrebbe dire mai a nessun membro del suo team frasi come: “non hai quello che serve per fare…”. Parole come queste sono capaci di spegnere l’entusiasmo del dipendente, che convincendosi di non essere abbastanza, a un certo punto si accontenterà della mediocrità, senza più cercare di migliorarsi.

Un altro errore frequente e che un buon capo dovrebbe sempre evitare è quello di posticipare o ancora peggio ignorare la richiesta di un dipendente di parlare e/o dedicargli del tempo. Certamente l’agenda di un manager è sempre fitta di impegni e appuntamenti, ma come accennato prima, i dipendenti devono essere sempre in cima alla lista. Non rispondere alle richieste di aiuto del proprio team equivale a creare del risentimento, che alla lunga porterà i dipendenti a navigare in direzione opposta rispetto a quella del proprio manager e se sicuramente la linfa vitale di un business sono le vendite, non va dimenticato che senza i dipendenti difficilmente si raggiungono i clienti. Ma ascoltare non è abbastanza. Un buon capo è quello che ascolta con empatia, senza mai sminuire un problema che, se è stato portato alla scrivania del manager, è percepito dal dipendente come importante. Un dipendente che si sente accolto e ascoltato, sarà un dipendente che coltiverà fiducia nei confronti del suo responsabile e del suo business e questo è senza dubbio uno degli obiettivi principali di un’azienda che funziona.

Un altro errore frequente è quello di far sentire il dipendente non indispensabile e fargli presente che il suo lavoro può essere svolto, magari anche meglio, da qualcun altro, o peggio, da chiunque. Per quanto sia vero che la vita continua a scorrere anche in assenza di ognuno di noi, è altrettanto vero che tutti, a nostro modo, portiamo il nostro contributo, che è unico e insostituibile. Quando un capo semina il terrore minacciando velatamente il posto di lavoro dei propri dipendenti, pensando che così renderanno di più, sta ottenendo esattamente l’effetto opposto. Un dipendente che non si sente al sicuro nella propria azienda si guarderà altrove e se tutti guardano altrove, nessuno più avrà gli occhi sull’obiettivo comune.

Bisogna dunque sempre elogiare i propri dipendenti dicendo loro che stanno facendo tutto perfettamente? Assolutamente no. Anche questo a suo modo, è un comportamento rischioso. Infatti, definire l’operato “perfetto”, non lascia margini di miglioramento e una buona azienda è basata sempre e solo su un unico principio: essere migliore del giorno precedente.

Ecco dunque che la vita di un buon manager, capace di gestire perfettamente impegni, responsabilità, business e personale, è tutt’altro che semplice. E questa è la ragione principale per la quale non tutti sono portati o hanno voglia di ricoprire posizioni di questo tipo. Se però sei tra quelli che lo stanno facendo, o che inseguono questo sogno, ricorda che i tuoi dipendenti sono il cuore pulsante della tua azienda, e senza di loro nulla di ciò che hai potrebbe esistere. Inoltre, coltivare un ambiente di lavoro sano e gratificante, non solo farà fiorire il tuo business ma avrà un impatto importante anche sul tuo benessere e quello dei tuoi dipendenti. Un aspetto, certo, non da sottovalutare, se consideri che a lavoro trascorriamo la maggior parte del nostro tempo.