dolore piacere

“Dolore o piacere?” Sicuramente la maggior parte di noi risponderebbe “piacere”. Ma siamo davvero sicuri che nel quotidiano rimaniamo fedeli al nostro pensiero?

In realtà per quanto assurdo possa sembrare, è dimostrato che ci sentiamo più a nostro agio a esprimere o a confrontarci più o meno direttamente con il dolore che con il piacere. Non è un atto di masochismo ma piuttosto un fattore culturale che ci influenza da sempre senza che quasi noi possiamo pienamente rendercene conto.

Secondo una ricerca condotta dal Censis, tra gli italiani che hanno avuto rapporti sessuali completi, il 41,6% ha una vita sessuale intensa e attiva ma solo il 2% di questi ne parla liberamente. Un dato, questo, che fa riflettere e che porta a domandarci: cosa si nasconde dietro questo silenzio?

Il piacere e il dolore nei film

Almeno una volta è capitato a ognuno di noi, soprattutto quando eravamo bambini o adolescenti, di trovarci di fronte a delle scene di sesso o semplicemente di piacere più esplicito, mentre guardavamo la tv con i nostri genitori o altri adulti per noi significativi. Sicuramente ognuno di noi ricorderà la sensazione di disagio e lo scorrere lento del tempo, come se quelle scene durassero più di tutto il film. Un’emozione condivisa dalla maggior parte di noi, ma che, crescendo, dovrebbe indurci a una riflessione più profonda: perché quello stesso disagio non lo avvertivamo di fronte alle scene di dolore?

Infatti, siano esse scene di violenza, di guerra, o di sofferenza più profonda e intima, l’emozione che avvertiamo di fronte a esse è radicalmente opposta a quella che esperiamo di fronte alle scene di piacere. Anche di fronte alle immagini più barbare e crude, possiamo provare tristezza, disappunto, alcuni si porteranno anche la mano davanti agli occhi per non guardare, ma mai nessuno proverà disagio o vergogna.

Questo, certo, potrebbe essere dovuto al fatto che sappiamo di non essere noi a star facendo del male. Ma di fatto non siamo noi neppure a provare piacere. Perché allora nell’ultimo caso empatizziamo di più che nel secondo? Cosa vorremmo dire ed esprimere che invece reprimiamo?

La difficoltà a parlare di piacere

Nonostante negli ultimi decenni si siano fatti degli enormi, e a tratti quasi inimmaginabili, passi avanti in tal senso, ad oggi si fa ancora molta fatica a parlare di piacere. Non è un qualcosa che riguarda soltanto le coppie, che spesso soltanto in età più adulta imparano a dialogare serenamente dei reciproci desideri, ma un qualcosa che riguarda un po’ tutti in un spettro molto più ampio.

Non è certo un segreto che in passato il sesso era un argomento tabù, del quale soprattutto in ambito familiare, era quasi del tutto vietato parlare. Questo retaggio culturale in un modo o nell’altro ce lo portiamo ancora pesantemente sulle spalle. Per quanto di sesso e di piacere oggi si parli molto più che in passato, è impossibile negare che siamo ancora ben lontani dal parlarne serenamente e apertamente con tutti, come di un argomento assolutamente normale che fa parte della vita di ognuno di noi, come di fatto è. Anche il lessico è profondamente influenzato dal tabù: infiniti sono i termini che alludono ma non esplicitano, a ennesima dimostrazione di quanto sia ancora difficile parlare della sfera sessuale.

Fin da bambini, senza che quasi potessimo accorgercene, siamo stati abituati a tacere qualsiasi cosa avesse a che vedere con il piacere e a sopportare con coraggio il dolore. Ci è stato detto che certi argomenti erano “per grandi” troncando così le nostre naturali curiosità. Interrogativi che però attendevano risposta. Così ci siamo rivolti con timidezza, e possibilmente nell’anonimato, altrove. Oggi, infatti, siamo molto più abili a raccontare e ad ascoltare storie di dolore e sacrificio che a manifestare o accogliere l’altrui piacere. Siamo abituati ad ascoltare e tollerare espressioni colme di sofferenza, come un’ “ahi!” ma ancora ci irrigidiamo di fronte a un “mmh” pronunciato con gusto.

Le origini del tabù

Riuscire a identificare un momento in cui questo atteggiamento controverso nei confronti del piacere ha preso piede è molto complesso. Di certo non è un qualcosa che arriva dalle origini dell’uomo, perché all’epoca è noto come i nostri istinti naturali fossero vissuti appunto come tali. É molto più probabile che sia un argomento più strettamente legato ai “Credo” di ogni cultura e alle sue talvolta rigide regole, volte a regolarizzare un qualcosa che di per sé nasce come assolutamente naturale. Infatti, un comune denominatore di quasi ogni Credo è proprio quello di indurre l’uomo a essere resiliente e incline al sacrificio e a vivere il piacere come un peccato.

Riuscire a scardinare del tutto queste convinzioni è un processo iniziato a piccoli passi già diversi anni fa e che probabilmente ne richiederà ancora molti altri. Sicuramente, però, ognuno di noi può iniziare a fare qualcosa nel proprio quotidiano, lavorando sul riconoscimento e la verbalizzazione del proprio naturale piacere. Un autentico atto d’amore verso noi stessi e il nostro benessere.