A pochi giorni dall’inizio della scuola è quasi inevitabile domandarsi se quello venturo sarà nuovamente un anno all’insegna della DAD o vedrà ripristinato l’apprendimento tradizionale.
Indubbiamente chi lavora a scuola o vive a stretto contatto con studenti può testimoniare quanto l’ultimo anno e mezzo sia stato logisticamente complicato. Ma certo non è soltanto questo a preoccupare gli addetti ai lavori. Infatti, negli ultimi mesi non sono state poche le occasioni in cui è stato riportato all’attenzione dell’opinione pubblica un fatto ben più rilevante: la salute dei nostri ragazzi.
I danni della DAD
Si è discusso a lungo su quanto la DAD rappresenti un rischio per il benessere psicologico degli studenti, ma quali sono questi rischi? A spiegarcelo è il medico neurologo Carlo Alberto Mariani, che pone la sua attenzione su diversi fattori, partendo proprio dall’apprendimento. Secondo il Professore, infatti, la DAD altera le possibilità di metabolizzare le opportunità di apprendimento scolastico non trasformandole in esperienza concreta. Va da sé che questo comporti un grande rischio per la formazione accademica dei ragazzi, anche da un punto di vista lessicale.
Esplorando la zona un po’ più profonda, invece, a preoccupare il Prof. Mariani sono gli effetti sul sistema nervoso come ansia, diminuzione delle capacità mnemoniche e cognitive, lo sviluppo di dipendenze e non da meno una regressione psico-evolutiva, sulla quale Mariani pone grande riguardo.
DAD vs apprendimento per imitazione
Dal punto di vista biologico a patire particolarmente la DAD, secondo il Professor Mariani, sono i nostri neuroni a specchio. Gli stessi che uno studio condotto dal Prof. Giacomo Rizzolati, sono i principali responsabili dell’apprendimento per imitazione. A provarcelo uno studio condotto su 70 bambini di 14 mesi. Secondo tale studio ogni volta che compiamo un’azione attiviamo un’area del nostro cervello, che è la stessa che si attiverà ogni volta che quella stessa azione la osserveremo fatta da qualcun altro. Questo, grazie appunto, ai nostri neuroni a specchio.
Va da sé, che con la DAD e la digitalizzazione della socialità e dell’esperienza umana tutto questo venga meno. Una perdita importante per i ragazzi, che si vedono privati dello “zoppo” con il quale “imparare a zoppicare”. Ma non solo, perché di fronte ai comportamenti della società, rappresentata nel caso degli studenti dall’ambiente scolastico, i ragazzi imparano quali comportamenti emulare e quali no, costruendo così la propria personalità. Ed è di fronte a questa condizione che i ragazzi rischiano di esperire una regressione psico-evolutiva, in cui, confinati tra le mure domestiche, tornano alla condizione della prima infanzia, in cui l’unico modello in cui potersi riconoscere è quello genitoriale.
A cornice di questa nuova realtà in cui l’unica possibilità di socialità per i ragazzi è rappresentata dalla tecnologia si aggiunge un’altra grande carenza alla quale le nuove generazioni stanno andando incontro: l’empatia.
Uno schermo tra le emozioni
Per quanto la tecnologia sicuramente ci abbia agevolati soprattutto in questo momento di chiusura, ha anche un grosso limite: fa da schermo alle nostre emozioni. L’impatto di tutto questo per i giovani, che con le proprie e altrui emozioni devono ancora imparare a confrontarsi, è molto più forte.
Infatti, tra i tanti danni della DAD, un altro di quelli che preoccupa maggiormente il Professor Mariani, è proprio il rischio che le generazioni future faticheranno molto a entrare in empatia con il prossimo. Non è difficile da credere se pensiamo che per un anno e mezzo i ragazzi non hanno vissuto insieme le ansie prima di un compito, le gioie dei viaggi d’istruzione, la rabbia delle incomprensioni tra compagni. Tutte emozioni soffocate tra le quattro mura di una stanza e lo schermo di un computer. Emozioni che un tempo venivano date per scontate e che senza che ce ne accorgessimo, ci facevano crescere ed entrare in relazione con una sfera emotiva diversa dalla nostra: quella degli altri.
Come contenere i danni?
Riuscire a gestire una situazione complessa e delicata come quella che stiamo vivendo è tutt’altro che facile. Se da una parte i danni di questa situazione sono chiari, lo sono altrettanto quelli comportati dalla riapertura delle scuole. Inevitabilmente, soprattutto quando gli studenti in questione sono bambini, contenere il grosso rischio degli assembramenti è quasi inevitabile. Tenuto conto di tutto ciò, comprensibilmente con la situazione di ogni Stato, la scuola dovrà farsi carico, oltre che della didattica, anche dell’importantissima sfera emozionale dei ragazzi, incorporando nei programmi attività volte al benessere psicologico degli studenti. Un qualcosa del quale si parla già da diversi anni e che negli stati dell’Europa del Nord è già in atto. Che sia forse questa l’occasione buona anche per noi?