Quando soffriamo il nostro istinto di sopravvivenza ci porta automaticamente a cercare delle vie d’uscita. Abbiamo bisogno di riportare equilibrio nella nostra vita.
In questo senso gioca un ruolo fondamentale una riscoperta sensibilità per “il bello”, del quale si fanno portavoce per eccellenza la natura e l’arte.
Per quanto retorico possa sembrare affermarlo, anche la più profonda delle crisi esistenziali custodisce in sé il seme della rinascita.
Il dolore ci mette difronte all’imprevedibilità della vita e accettare questo, significa imparare a guardare con occhi nuovi anche ciò che abbiamo sempre pensato di conoscere bene. La natura è quella che meglio si presta a questo nuovo modo di osservare.
La natura come prima tappa di un viaggio di rinascita.
Infinite volte abbiamo sentito parlare della natura come medicina per ogni male. In effetti allontanarci dal contesto cittadino ci mostra subito i grandi benefici che “l’aria pulita” ha su di noi e anche con uno sguardo poco attento possiamo scorgere l’armonia così semplice e complessa allo stesso tempo di ciò che ci circonda. Eppure l’effetto benefico della natura va molto oltre questo.
La natura ha il grande privilegio di agire sui nostri stati d’animo, come una madre che conosce bene il proprio figlio e con un solo sguardo sa di cosa soffre e come curarlo. La natura ci accoglie nel suo abbraccio, portando un po’ di quell’armonia che la caratterizza anche dentro noi stessi, rimettendo insieme i nostri pezzi e facendoci nuovamente sentire parte di qualcosa.
Questo sentirci cullati in un momento di profonda vulnerabilità apre le porte del nostro cuore, lasciando entrare tutta la bellezza che ci circonda. É come se le nostre frequenze ritrovassero il loro ritmo originario e noi insieme a loro ritrovassimo il nostro posto nell’Universo.
L’arte come massima rappresentazione del bello
Ad avere un effetto catartico sulla sofferenza però non è soltanto la realtà concreta ma anche quella rappresentata, la cui massima esponente è l’arte.
Gli effetti dell’arte sulla psiche sono oggetto di studio già da diverso tempo. In particolare a parlarne è stato Erik Candel, premio Nobel per la medicina nel 2001, che afferma:
«Sappiamo ormai che la visione di un’immagine amata, come quella di una persona cara, attiva non solo la corteccia orbitofrontale, che reagisce alla bellezza, ma anche i neuroni dopaminergici della base, che intervengono nell’aspettativa di una gratificazione. L’arte ci permette di esplorare e saggiare nella fantasia un gran numero di esperienze ed emozioni diverse».
Ed effettivamente l’arte, in ogni sua forma, è quanto di più vicino all’uomo esista, proprio per la sua capacità di esplorare il complesso panorama emotivo umano.
Dietro ogni opera d’arte c’è un incontro profondo di anime: quella dell’artista che racconta ciò che prova e quella del fruitore che lascia fluire le sue emozioni di fronte a essa. Questa è la vera bellezza dell’arte: ognuno ci scorge qualcosa di unico e assolutamente personale. Perché così come è vero che il confronto con l’arte ci riconduce ai temi centrali della vita, è altrettanto vero che lo fa rispecchiando le nostre esperienze biografiche e psicologiche. É come se l’opera in sé contenesse tutto il ventaglio emotivo completo ma ognuno di noi ci riconoscesse solamente l’emozione che in quel momento è in noi predominante.
Questo fa sì che non ci limitiamo a decodificare l’opera per quella che è ma impariamo, attraverso essa, a guardarci dentro.
Questo processo introspettivo prende il nome di “arteterapia ricettiva”. In questo caso le opere non hanno lo scopo di alleggerire uno stato emotivo mediante la contemplazione del bello ma al contrario di portare alla coscienza i problemi e le afflizioni dello spettatore così da poterli superare. In questo senso l’arteterapia gioca anche l’importantissimo compito di aiutare la persona a scoprire dentro di sé le risorse per affrontare un momento di sofferenza, come spiega Birgit Naphausen del centro di arteterapia di Monaco:
«Nell’arteterapia ricettiva utilizziamo l’effetto positivo delle immagini, portando alla coscienza il come e il perché: che effetto ha su di me l’immagine, che cosa vi associo? Mentre cerca di rispondere a queste domande, nella coscienza del cliente possono riattivarsi esperienze gratificanti dimenticate, associate a quell’immagine, esercitando un’influenza positiva sul suo stato d’animo. Può ricordarsi di certe sane alternative comportamentali, o sviluppare nuove strategie da applicare attivamente nella conduzione della vita quotidiana».
Ma questi non sono che alcuni degli affetti benefici dell’arte sull’uomo, quelli che potremmo considerare più “passivi”. Tuttavia esiste un’altra grande e preziosa verità: il dolore favorisce la creatività.
Il dolore come motore della più bella delle opere d’arte
Come abbiamo visto, il dolore rende più sensibili alla bellezza, nello stesso tempo però le da anche vita. L’arte è infatti la forma di comunicazione più autentica e alta che l’uomo conosce per esprimere le proprie emozioni.
Nei momenti più delicati della nostra vita, in cui ci troviamo di fronte a cambiamenti importanti o a situazioni soffrenti è facile che ci sentiamo sommersi dai nostri stessi vissuti emotivi e l’arte in tutte le sue forme, può essere un grande strumento terapeutico che ci aiuta. Infatti proprio in questi momenti, l’istinto di afferrare un pennello, una penna o una macchina fotografica diventa quasi irrefrenabile.
E di questo non mancano esempi nella storia dell’arte, come per esempio Franz Schubert, Vincent Van Gogh o Frida Kahlo, che certo non sarebbero chi sono senza quel terremoto emotivo che ha dato vita alle loro opere.
É come se l’arte ci desse l’opportunità di riconnetterci a due dei nostri bisogni fondamentali: quello di comunicazione e quello di connessione. Attraverso le nostre opere, infatti, riusciamo a condividere l’intensità delle nostre emozioni, connettendoci con le anime che si fermano ad ammirare la nostra opera. É un mezzo potente per creare comunità, per lasciare messaggi e per ricordarci che in fondo, per quanto diversi, siamo fatti tutti di quella stessa sostanza così vulnerabile e complessa, resa tale proprio da quel vasto panorama emotivo alle volte quasi ineffabile.
La bellezza come ponte
Di qualsiasi tipo siano, una costante dei momenti di dolore è che una volta trascorsi non saremo più gli stessi di prima. Cambiamo noi e cambiano le circostanze intorno a noi. E in questo importante momento di passaggio ciò che ci accompagna lungo questo cammino è proprio la bellezza. Quella vera, quella autentica, quell’unica costante che, come abbiamo visto, possiamo scorgere in particolare nella natura, nei suoi doni e nella sua rappresentazione artistica.
Quando, i nostri occhi prima e il nostro cuore poi, riescono a posarsi su di essa è in quel momento che inizia la nostra guarigione.